Violenza Ostetrica: Una silenziosa realtà
Incaricata dall’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica Italia, DOXA ha pubblicato i risultati della prima indagine a livello nazionale circa la violenza ostetrica.
Effettuata su 5 milioni di donne fra i 18 e i 54 anni e con figli avuti in un arco temporale che va dal 2003 al 2017, i risultati della ricerca riflettono quanto già era noto da anni, una realtà imprigionata nel silenzio quando non negata, anche a fronte delle numerose accuse, testimonianze a volte rilasciate inconsapevolmente, ma comunque in grado di far ben intendere un succedere di abusi fisici e psicologici, violazioni dell’intimità e importanti mancanze sul piano dell’assistenza.
Già nel 2014 l’Organizzazione Mondiale della Sanità, con la pubblicazione “La Prevenzione ed eliminazione dell’abuso e della mancanza di rispetto durante l’assistenza al parto presso le strutture ospedaliere”, aveva denunciato come in tutto il mondo venisse meno il rispetto dei diritti e della dignità durante le fasi del parto, invitando formalmente «a maggiori atti concreti» su quello che è definito essere un «importante tema che coinvolge la salute pubblica».
Presentata a Roma a fine settembre, l’inchiesta “Le Donne e il parto” condotta da DOXA, mostra che in Italia sono circa 1 milione le madri vittime di violenza ostetrica, andando a rappresentare il 21% del totale, un dato tanto allarmante quanto significativo è anche quel 23% di intervistate che alla domanda, ha risposto con un “credo di no”, comprovando come certi abusi siano visti e considerati alla stregua di una normale prassi medica, eventi però, che possono provocare effetti avversi sulla salute della madre e del bambino, anche mettendo a repentaglio la loro stessa vita.
Un caso è quello della cosiddetta manovra di Kristeller, ovvero la pressione che il medico esercita sull’addome della partoriente con il palmo della mano o con l’avambraccio, al fine di dare il classico “aiuto” alla donna in fase di espulsione.
Vietata da oltre trent’anni, medici ammettono di farne ricorso solo raramente ed in casi estremi, ma i numeri non si conoscono con precisione, perché soventemente, anziché registrare il parto come “operativo”, lo si passa come “naturale”.
Una pratica, la cui efficacia non è sostenuta da pubblicazioni scientifiche e per di più, spesso eseguita senza consenso e a totale discrezione del medico, in quanto a differenza di altre, per la manovra di Kristeller vi è la totale mancanza di vere indicazioni sulla metodologia e sulla tempistica, tanto che ancora l’OMS, date le possibili conseguenze ne scoraggia l’uso: lacerazioni, lesioni agli organi interni, distacco della placenta, fino ad arrivare alla perdita di coscienza causata dal dolore.
Un consenso informativo che secondo l’indagine, viene meno anche nei casi in cui l’equipe medica faccia ricorso all’episiotomia, l’incisione del perineo che sebbene sia da tempo ritenuta inefficace nella maggior parte dei casi e anch’essa sconsigliata per i possibili rischi, è tutt’oggi considerato come un’intervento di routine.
Più della metà delle intervistate ha dichiarato di esser stata sottoposta a episiotomia e il 61% di queste, ha affermato di non aver concesso nessuna autorizzazione prima di subire tale operazione e inoltre riportando, come questa l’abbiano vissuta come una violenza.
OVOitalia nasce sulla scia di #bastatacere , che nel 2016, ricalcando quanto fatto da alcuni collettivi femministi già degli anni 70, ha lanciato una campagna legata alla proposta di legge “Norme per la tutela dei diritti della partoriente e del neonato e per la promozione del parto fisiologico”, con l’obiettivo di raccogliere in forma anonima, l’esperienza di madri vittime di abusi. Partita il 4 aprile per concludersi il 19 dello stesso mese, in soli 15 giorni vide migliaia di donne aderire riportando episodi di maltrattamenti.
La gravidanza rappresenta un periodo unico nella vita di una donna ed il momento in cui il bambino viene dato alla luce, è l’istante più intenso e delicato. Medico ed ostetrici assumono un ruolo fondamentale, assecondano le necessità di una madre, che su di loro riversa la propria fiducia, accompagnandola in totale sicurezza, verso un evento che per quanto naturale, rimane un miracolo.
Quanto messo in luce da DOXA e Osservatorio sulla Violenza Ostetrica, è però un quadro tutt’altro che confortante e a dar conferma di quanto accade e di come la violenza ostetrica sia un fenomeno più radicato, ampio e profondo di quanto si possa credere, sono anche i dati emersi dalla ricerca denominata Optibirth, rivolta a studiare il progressivo aumento di parti cesarei e praticati quand’anche non ve ne sia reale necessità.
«Una donna, anche ben informata – scrive Sandra Morano, principale investigatrice Optibirth Italia – per partorire si affida al suo ginecologo, ma il professionista di cui la donna ha fiducia, è quello che le dice che non ce la farà a partorire – inoltre asserendo che – In regime privato o semi privato, lo specialista guida il suo pacchetto di “anime morte” verso una clinica o verso un ospedale, a seconda della compiacenza o meno dei direttori, determinando su base eminentemente commerciale la permanenza o meno nel cut off dei numero di parti (cesarei) per anno».
Una violenza ostetrica, per la quale l’11% delle madri che hanno partecipato a “Le Donne e il parto” è stata indotta ad avere un secondo figlio a distanza di molti anni, mentre il 6%, ha deciso di non averne più.
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