Suicidio: un Silenzioso Gesto Prevenibile
Nel mondo, ogni anno sono più di 800mila le persone che si tolgono la vita e sempre a livello globale, il suicidio è la seconda causa di morte nella fascia di età compresa tra i 15 e i 29 anni, un dato impressionante considerando le centinaia di tentativi andati falliti.
I dati provvisori e diffusi dall’ISTAT per la Giornata Mondiale per la prevenzione dei suicidi del 10 settembre scorso e relativi al 2015, parlano di 3935 decessi, ponendo l’Italia dietro a Grecia e Cipro.
Numeri differenti arrivano però dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, relativi allo stesso anno, aggiornati al 28 marzo 2017 e dai quali emerge che a togliersi la vita, sarebbero state 4700 persone, circa 8 ogni centomila, una differenza non da poco visto l’argomento e nell’amara classifica, l’Italia è quindi preceduta da 11 paesi.
Discrepanze e opinioni contrapposte anche riguardo le cause di suicidio e in passato, non poche polemiche si sono sollevate circa quelli legati a motivi economici.
L’ISTAT smise di diffonderne i dati nel 2012 ritenendo difficile individuare una causa univoca in modo attendibile, così dallo stesso anno a tenerne conto è l’Osservatorio “Suicidi per motivazioni economiche“, diretto da Nicola Ferrigni, ricercatore di Sociologia dei fenomeni politici.
Una raccolta dati criticata da molti sul piano metodologico, ma che lo stesso Ferrigni descrisse come forzatamente “indiretta ed empirica”, seppur sottoposta a meticolose verifiche.
Secondo quanto pubblicato in agosto, dal 2012 al 2016 ci sarebbero stati 775 suicidi e 500 tentativi, con una oscillazione che vede 89 casi nel primo anno, salire al picco massimo nel 2014 con 201, per poi registrare un lieve, seppur significativo calo del 2016 con 147 vittime.
I problemi economici non sono chiaramente il motivo principale, ma è del tutto banale osservare come il benestare possa influire positivamente.
L’OMS illustra come il gesto estremo, pur interessando anche paesi ad alto reddito, nel 78% dei casi si verifica in paesi a basso e medio reddito.
Il punto è però sottolineare come il suicidio, definito dall’OMS come un prioritario e grave problema di salute pubblica, sia ancora oggi avvolto da un innegabile silenzio – a farlo notare sono medici e specialisti di settore – forse figlio di un epoca non troppo lontana, quando al suicida veniva persino negato il rito funebre o se ne condannava il gesto, umiliandone il corpo esponendolo a pubblico ludibrio.
Questo non accade più, ma l’emarginazione quando non la vergogna, è ciò che spesso si trovano ad affrontare i sopravvissuti, così le loro famiglie e quelle delle vittime che devono fronteggiare una situazione che va oltre il lutto dovuto a malattia o incidente.
Prevenire il Suicidio
Le persone vicine provano spesso senso di colpa per non aver capito, per non essere riuscite a evitare quanto accaduto, esponendosi così a profondi stati depressivi, rabbia e una solitudine ch’è dovuta anche ad una società non ancora in grado di provare la stessa empatia, che si ha in altri tipi di decesso; un disagio che aggiunge sofferenza al dolore.
Edwin Shneidman, psicologo statunitense scomparso nel 2009 e specializzato in suicidologia, ossia lo studio che si concentra sulla prevenzione del suicidio, coniò un neologismo per definire lo stato d’animo che spinge una persona a compiere il gesto: Psychache.
Il termine sta a significare un incessante dolore psichico, uno stato di tale angoscia che la persona avverte intollerabile, quanto interminabile e contro cui è impossibile lottare.
Questo è quanto provano coloro che scelgono di separarsi da tutti e da tutto, per mettere fine alla propria sofferenza percepita come insanabile e non di rado, anche interpretando il gesto come un atto che andrà a vantaggio di familiari e persone care, così come molte altre possono essere le motivazioni; una bocciatura scolastica, una umiliazione, una delusione in campo lavorativo o sentimentale, circostanze che possono apparire di poco valore agli occhi degli altri, quanto devastanti per chi le vive.
Resta il fatto, che il suicidio rimane un tabù del quale si preferisce non parlare.
Quanti di noi, attraversando un momento particolarmente difficile, sono stati solo sfiorati dall’idea, fortunatamente rimasta tale, ma poi inconfessabile? Un momento che invece tanti non sono riusciti a superare perché non hanno potuto chiedere aiuto.
Da tempo la ricerca ha dimostrato l’inattendibilità del pensiero secondo cui il suicidio è dovuto esclusivamente a patologie mentali, ansia o depressione stricto sensu, mentre per la maggior parte dei casi, si tratta di una soluzione errata che una persona bisognevole, mette in atto per tentare di porre fine all’angoscia scaturita per una circostanza considerata inaffrontabile.
Per quanto non ci sia ancora una completa conoscenza di un fenomeno così complesso, oggi è possibile prevenire efficacemente il suicidio, tramite terapie individuali e mirate presso centri specializzati, dove è altresì possibile ricevere informazioni che daranno a familiari e vicini – consapevoli di una condizione particolare che sta attraversando la persona cara – la possibilità di riconoscere eventuali segnali.
Perché questo avvenga serve però, che se ne parli apertamente, rompendo un silenzio che uccide due volte, prima emarginando poi lasciando che la disperazione abbia il sopravvento e pensare che 3935 o 4700 vittime di suicidio all’anno, siano un numero confortante rispetto ad altre realtà, significa tenere un’arma carica che spara quando e dove vuole.
Serve una presa di coscienza anche da parte delle istituzioni come del resto è previsto nel Mental Health Action Plan, la strategia sottoscritta nel 2013 dai ministri della sanità di 194 paesi, che mira a ridurre almeno del 10% il tasso dei suicidi entro il 2020, attraverso quelli che sono descritti come i quattro obiettivi principali, ovvero: “Ottenere una leadership e una governance più efficaci nell’ambito della salute mentale; riuscire ad offrire servizi di salute mentale e servizi sociali completi, integrati e capaci di rispondere ai bisogni della comunità; mettere in campo delle strategie di promozione e prevenzione; rafforzare i sistemi informativi, raccogliere sempre più evidenze scientifiche ed implementare la ricerca”.
Fotografia di Monica Bonacina
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