Proprietà, storia e curiosità di 5 preziose varietà di semi
Canapa, Cardamomo, Nigella Sativa, Finocchio e Lino
Fin dall’antichità i semi rappresentano il contatto primo con la natura e con la vita. L’uomo stesso nasce da un seme, nell’unione amorosa e corporea di due differenti essenze che, in preziosa complementarietà, s’uniscono, generando. La capacità di riconoscere la similitudine d’unione nel mondo vegetale è privilegio. Poterne interagire nella coltivazione è dono. Farlo con responsabilità e rispetto è atto d’amore. Verso il pianeta, verso sé stessi.
Semi di Canapa
Sfruttate al meglio i semi di Canapa Indiana e seminateli ovunque.
George Washington
Storia, caratteristiche e proprietà
Coltivata da millenni, probabilmente fin dall’8000 a.C., come confermato dal ritrovamento d’un pezzo di stoffa risalente a quel periodo, la canapa ebbe primordiale culla in confini orientali, donando anima e fibra robusta all’antica realizzazione di cordami e tessuti pesanti, principale motivo per cui, dopo un antico ed antichissimo utilizzo in Asia e Medio Oriente, la sua coltivazione mise radice nelle terre dell’Inghilterra orientale nel XVI secolo e, due secoli più tardi, la sua produzione toccò territori occidentali prevedendo diversi utilizzi, in particolare modo in ambito di fabbricazione cartacea, fino al brusco rallentamento nell’utilizzo delle sue fibre che, dalla metà del Novecento, ebbe a tranciarne gambo in estrema ed imposta riduzione causata dal proibizionismo in antitesi al quale, l’attivista per eccellenza porta il nome dell’americano Jack Herer, che, nel 1985, nutrì d’inchiostro le sue viscerali convinzioni a favore della depenalizzazione della cannabis, nel bestseller The Emperor Wears No Clothes, a tutt’oggi ancora un degli scritti più famosi sul cospirazionismo contro la stessa cannabis.
Definita con il tale nome, nel 1763, dal medico e naturalista svedese Carl Nilsson Linnaeus, alias Linneo, secondo il quale «Nomina si nescis, perit et cognitio rerum» (Se non conosci il nome, muore anche la conoscenza delle cose), l’armonica pianta a foglia dalle dita simmetriche, appartenente alla famiglia delle Cannabaceae, in lingua hindi denominata Ganja, è un genere Angiospermae, ossia piante dalla capacità riproduttiva legata al fiore, ad impianto riproduttivo contenuto nello stesso e, pertanto, estremamente protetto. L’ineguagliabile complessità e delicatezza del processo riproduttivo, l’estrema capacità d’adattamento e l’antica ed immane diffusione sul Pianeta, le rendono superiori, in quanto le più evolute tra quelle che producono semi.
Oltre a proprietà medicinali indiscusse, prevalentemente antinfiammatorie ed antiossidanti, oltremodo rinforzanti e protettive sul sistema immunitario, utilizzata fin dall’antichità ed oggetto di ricerche a scopi farmacologici negli ultimi decenni, le possibili indicazioni terapeutiche della canapa verso la cui direzione gli studi attuali si stanno indirizzando, sembrerebbero abbracciare ampi ambiti patologici, fisici e psicologici, nel trattamento dei disturbi più lievi fino alla mitigazione degli stati dolorosi più acuti. Interesse contingente dei ricercatori pone accento sull’eventuale e benefico futuro utilizzo in ambito oncologico, di patologie autoimmuni o di neuroprotezione.
Una diversa ed immediatamente appagante gratificazione derivante dall’utilizzo dei semi di canapa è comprensibilmente riferibile all’ambito culinario. Oltre ad un’alta concentrazione di acidi polinsaturi che li rendono un toccasana nella prevenzione di numerosi disturbi, in primis in area cardiovascolare e respiratoria, ad un durevole utilizzo conseguirebbe naturale protezione al sistema muscolo scheletrico, un aiuto prezioso per il naturale controllo del colesterolo ed una garanzia di maggiore idratazione della pelle e prevenzione dell’acne.
L’elevata digeribilità ed il sapore gradito ne rendono i semi piacevolmente utilizzabili, la variabilità d’uso va dal semplice ingrediente di fresche insalate, alla preparazione di biscotti o dolci in genere, salse o nella composizione di una particolare pietanza simile al tofu, l’Hemp-Fu, prediletto nelle diete vegane, da portare a padella singolo, gustandolo semplicemente saltato ad olio o da utilizzare in preparazioni cremose d’accompagnamento, sia dolci che salate. La varietà di consumo deriva dalle innumerevoli varianti in cui li si può gustare, ossia cotti, crudi, integrali, decorticati, interi o sfarinati. Per di più, il loro utilizzo come condimento sotto forma di olio in spremitura a freddo, di sapore vagamente nocciolato, mantiene intatte, nella crudità, le innumerevoli proprietà terapeutiche, una su tutte la presenza di acido alfa linoleico, con un esclusivo rapporto fra omega-3 ed omega-6, fondamentale per la protezione di eventi cardiovascolari, che nessun altro olio possiede in egual equilibrio, rendendolo, da un punto di vista nutrizionale, un toccasana per qualsiasi fascia d’età, in particolare modo nell’infanzia.
Curiosità
Nel libro Cannabis, Non Solo Fumo di Bernardo Parrella, una prefazione dello stesso autore, attuale più che mai, sul valore terapeutico, simbolico ed ancestralmente sociologico della cannabis, parole zuppe di conoscenza, madide di sentimento, intrise di storia, sfumate di poesia:
«Questo che avete per le mani non è un libro a favore della legalizzazione di una pianta al momento vietata dalle legislazioni mondiali. Neppure uno dei tanti proclami a sostegno della innocuità di una sostanza naturale che, variamente utilizzata da secoli e nonostante 60 anni di proibizionismo, non ha mai ucciso nessuno. Piuttosto un umile ma puntuale contributo al sollevamento del velo di Maya nei confronti di una storia, di una cultura avvinghiate come non mai al millenario dipanarsi del genere homo sapiens dunque territori di ogni regione e di ogni anfratto del pianeta terra.
Una storia e una cultura pazientemente costruite fin dall’alba dei tempi, con amore e attenzione cosciente, generazione dopo generazione, in stretta simbiosi con “madre natura”, in serena condivisione con lo spirito dei cieli dei cuori. Una storia e una cultura trasmesse fino i nostri giorni, grazie alla Conoscenza che non dimentica né svanisce nonostante i tempi bui, grazie ai semi liberamente portati in giro dal vento, grazie alla volontà intrinseca di rigenerarsi e propagarsi senza soluzione di continuità. Un filo rosso che percorre e precorre l’evolversi della stessa civiltà umana all’interno e in congiunzione con il rimescolarsi incessante della vita biologica del globo intero, a livello di microcosmo come di macrocosmo. Sì, perché, a scanso di equivoci: l’evoluzione di Gaia (la terra), una delle quattro deità primarie dell’antica Grecia – insieme a Chaos, lo spazio, Tartarus, gli abissi, Eros, l’amore – deve non poco all’incontrastata diffusione di una pianta poco appariscente ma robustissima ed eclettica, con i vari corollari e annessi a tutto tondo.
Anzi, meglio: un’evoluzione reciproca e parallela, in cui culture paesaggi si mescolano e si rimescolano incessantemente, in cui paesi e genti tra loro ostili si ritrovano fianco a fianco, in cui le catene terrene vanno liquefacendosi per proiettarci oltre le porte della percezione.
Perché proibire, dunque? Perché aperta (tentare di) impedire il dipanarsi di siffatta cultura planetaria che, dati alla mano, non ha mancato di portare – dalla Cina all’Egitto, dall’Europa alle Americhe – quel messaggio di pace, speranza e fratellanza universale cui ogni essere vivente anela nella sua esistenza, fugace o estesa che sia? Perché (provare a) nascondere, svilire, annullare le tracce del cammino, a volte assai impervio ma comunque luminoso e illuminante, di una storia che ha prodotto meravigliosi episodi di comunanza e condivisione tra umani d’ogni epoca, dai rituali “pagani” degli Sciiti parecchi secoli prima di Cristo ai sit-in della controcultura anni ‘60? E ancora, perché (cercare di) negare perfino le qualità terapeutiche di una pianta – con annesse, fatto non trascurabile, le tipiche modalità di assunzione generalmente improntate a una più ricca socialità quotidiana – da sempre sotto gli occhi di tutti, a partire dall’onomatopea tradizionale dell’Impero Romano fino alla terribile devastazione dell’AIDS dei nostri giorni? Perché (pretendere di) cancellare una storia e una cultura ormai indissolubilmente intrisa nel nucleo multiforme variegato ma sempre simbiotico che costituisce l’espressione stessa della vita umana arborea, e animale per come la conosciamo – lo documentano una mole infinita di racconti orali e scritti, analisi scientifiche, resoconti di ogni provenienza, quasi appena segnalati nelle pagine che seguono?
La risposta, amico mio – diceva un antico menestrello ancora oggi fresco e pungente – soffia nel vento, la risposta la trovi nel vento. In quel vento che supera steccati e frontiere, proibizionismi e divieti. Nel vento che spazza via l’ignoranza e l’illusione dello status quo come unica possibilità di vita, che unisce al di là di ogni legittimo dubbio verso necessario cambiamento sociale, che provoca liberazioni e rivoluzioni senza guerra o spargimenti di sangue.
Volenti o nolenti, la storia di questa pianta millenaria si perde nella notte dei tempi e dà forma a una cultura altrettanto millenaria e radicata: dalla condivisione creativa di risorse e conoscenze al saper e voler pensare con la propria testa, dalla simbiosi di ogni con ogni altra creatura la compassione e aiuto reciproco nei momenti di bisogno. Qualcosa che non sbiadisce e non deperisce pur di fronte ai tentativi oscurantisti degli ultimi decenni della storia umana. Anzi: un intreccio di relazioni e di elementi che non può fare a meno di propagarsi a macchia d’olio, a rizoma, sia underground che overground. Altro che solo fumo: molto, molto di più.»
(Bernardo Parrella, Cannabis, Non Solo Fumo, San Francisco, gennaio 1999, edizioni Stampa Alternativa, Collana Eretica, £ 14.000)
Fonti:
• Grotenhermen F, Russo E. Cannabis and cannabinoids. Pharmacology, Toxicology and
Therapeutic potential. Binghamton, NY: Haworth Press 2002
• Supaart Sirikantaramas et al. The Gene Controlling Marijuana Psychoactivity. Molecular
cloning and heterologous expression of Δ1-tetrahydrocannabinolic acid synthase from
Cannabis sativa L. J. Biol. Chem., Vol. 279, Issue 38, 39767-39774, September 17, 2004
The Gene Controlling Marijuana Psychoactivity
• The Health Effects of Cannabis and Cannabinoids: The Current State of Evidence and Recommendations for Research, National Academies of Sciences, Engineering and Medicine, 2017.
Semi di Cardamomo
Mi ricevi come il vento la vela. Ti ricevo come il solco il seme
Pablo Neruda
Storia, caratteristiche e proprietà
Aromatica pianta tropicale d’antiche origini asiatiche distribuita, in India, Malasia, Iran e Sri Lanka, nelle due varietà Elettaria Cardamomum (cardamomo verde) ed Elettaria Repens (cardamomo di Ceylon), utilizzata come ingrediente culinario, in territorio indiano, fin dal terzo millennio, fu grazie alla costosa importazione da parte dei Greci che, nel IV secolo a.C., la stessa spezia varcò i confini dell’antica Roma divenendo protagonista indiscussa nei principali banchetti dell’epoca ed utilizzata nella produzione di raffinati profumi. Utilizzata fin dal 1500 a.C. dagli Egizi nelle imbalsamazioni ed in ambito medico, fu in terra vichinga che, un migliaio d’anni or sono, la Scandinavia ne apprezzò le caratteristiche in tale modo da garantirne longeva popolarità protrattasi fino ai giorni odierni, in particolare nella preparazione di dolci, pietanze e tipico vin brûlé, denominato “Glogg”.
Ad oggi, il principale produttore della spezia, indipendente sul mercato fin dalla seconda decade del 1900, dopo importazione di colonia inglese, resta il Guatemala, in pole position indiscussa rispetto ad India e Sri Lanka. Tipi meno pregiati, in quanto più coltivati e, di conseguenza, meno costosi, sono gli appartenenti alla varietà Amonum (cardamomo nero o nepalese, cardamomo del Siam, ed altre sottospecie di differenti provenienze specifiche).
La varietà verde è la più pregiata, per intensità e gusto balsamico. I preziosi semi, da utilizzare appena sgusciati per l’elevata volatilità che li caratterizza, se si vuol gustarne appieno l’aroma, si contendono il podio con vaniglia e zafferano, nel titolo delle tre spezie più costose al mondo.
Parente dello zenzero e genere Angiospermae come la canapa, il cardamomo appartiene alla famiglia delle Zingiberaceae, dal caratteristico portamento erbaceo, calice e corolla tubolari a caratterizzarne i fiori ermafroditi, quasi sempre irregolari nelle forme e con frutto a contenimento di speziati semi dall’aroma estremamente evaporabile, motivo per cui la vendita degli stessi avviene a capsula ancora chiusa, spesso essiccata ed aperta al momento stesso dell’utilizzo. Dai suoi quattro metri d’altezza, il perenne arbusto giunchiforme, abbandona dolcemente alla gravità lunghe foglie, lineari e lanceolate, che ne abbigliano abbondantemente il fusto, delineando eleganza nel metro della loro lunghezza. A primavera inoltrata, fiori naturalmente dipinti fra il giallo ed il bianco, sfumati di viola e blu, accoglieranno verdi capsule all’interno di ognuna delle quali verranno ospitati dai quattro agli otto semi, in armonia fra colori e profumi.
Antico fulcro della medicina ayurvedica come calmante del dolore dentale, protettivo del sistema urinario e curativo della tosse, nel mondo arabo vien posto maggiore accento alla sua proprietà afrodisiaca; a livello più generale, quindi non strettamente legato ad aree geografiche specifiche, le sue proprietà terapeutiche vengono riferite al trattamento di sintomi influenzali, essendo un naturale decongestionante delle vie respiratorie, oltre che a riconoscergli attività antinfiammatoria e digestiva, a protezione gastrica e dell’intero apparato digerente. Il gradevole aroma lo rende ideale per prevenire l’alitosi, rinfrescando allo stesso tempo l’interno bocca e garantendo la pulizia del cavo orale. L’elevata percentuale di elementi antiossidanti, combattendo l’azione dei radicali liberi, ne fa un rallentatore dell’invecchiamento cutaneo, così come la sua capacità accelerativa del metabolismo lo rende prezioso alleato delle diete dimagranti. Controindicazioni particolari all’uso del cardamomo sono rivolte a soggetti predisposti alla formazione di calcoli, in presenza di ulcere o gastriti ed in concomitante uso con l’aspirina, considerando l’interazione negativa con la stessa.
Il sapore intenso ed agrodolce, con note fruttate e piccanti, ne rende i semi gradevoli anche masticati crudi a fini digestivi, per gli stessi fini sono da prediligere assunzioni di tisane, dalla semplice e veloce preparazione, che prevede un cucchiaino di semi lasciato in infusione per almeno cinque minuti. Ottimo aromatizzante di zuppe e minestre, con le bacche del frutto, in aggiunta ad alcool, acqua e zucchero, è possibile ottenere un gradevole ed intenso liquore. Ideale per insaporire primi e secondi piatti, la sua aromaticità fruttata lo rende ingrediente prediletto in preparazioni di dolci e creme. Delle varietà utilizzate a scopo culinario, la più rinomata è quella verde, d’aroma acuto, a balsamico sentor di canfora ed eucalipto che, nella varietà marrone, si fa olezzo di legno affumicato; è la delicatezza di sapore a caratterizzare invece la varietà nera, mentre la bianca, estremamente tenue, risulta essere la meno considerata da cuochi e chef.
Curiosità
Utilizzato in India, nell’antichità, come mezzo di comunicazione con gli dèi, in territorio arabo veniva considerato importante segno d’ospitalità e, con lo stesso intento, offerto in bacche nel caffè, gesto riconosciuto come estremamente riguardoso da parte dell’ospite, visto l’elevatissimo costo della rinomata spezia. Ritenuta bacca afrodisiaca per antonomasia durante il Rinascimento, i suoi semi venivano sciolti in bevande da offrire alle amate per conquistarne il cuore, capacità erotizzanti della pianta citate perfino nelle novelle orientali de Le Mille E Una Notte.
Una leggenda secondo cui la delicatezza e la timidezza del cardamomo ne concedano esclusiva possibilità di contatto da parte di mani femminili, ne ha originato la nomea di “pianta delle vergini”.
Semi di Cumino Nero (Nigella Sativa)
Ma i semi sono invisibili. Dormono tutti nel segreto della terra finché a uno di loro non piglia il ghiribizzo di svegliarsi. Allora si stiracchia e fa spuntare timidamente verso il sole uno splendido, innocuo germoglio.
Antoine de Saint-Exupéry
Storia, caratteristiche e proprietà
Originario dell’Iran e citato nella Bibbia, nell’Antico e nel Nuovo Testamento, ritrovamenti vari datano l’utilizzo del cumino nero fin dall’epoca del Nuovo Regno dell’Antico Egitto, in particolare modo nelle mummificazioni, come confermato dai ritrovamenti, nella tomba del faraone Tutankamon, di alcuni semi e di anfore la cui analisi ha confermato la presenza d’olio al loro interno. In territorio siriano, fin dal secondo millennio a.C., incisioni su tavolette in pietra, sembrerebbero inoltre confermarne l’utilizzo della spezia nei cibi sumeri e babilonesi.
Importante merce di scambio in tutta l’epoca classica, durante la quale Greci e Romani ne utilizzarono a scopi prevalentemente culinari, la Nigella Sativa venne presa in cosiderazione anche per le sue proprietà curative a partire dal Medioevo, periodo in cui, nonostante un accurato studio da parte di scienziati, filosofi e matematici, il suo utilizzo andò diminuendo anche nel resto d’Europa. La diffusione odierna riguarda prevalentemente il bacino mediterraneo ed il Sud America, dove fu importata dai conquistadores.
La Nigella Sativa, kalonji in lingua hindi, comunemente ed erroneamente denominata cumino nero, è pianta annuale appartenente alla famiglia della Ranunculaceae, ossia piante erbacee, lianose o arbustive, con varietà d’habitus; da non confondersi con il Bunium Persicum, il reale cumino nero. Nei suoi 20-30 centimetri di altezza, la nigella dona fiori delicati, con una doppia manciata al massimo di petali, sfumati d’un bianco e d’un pallido blu che ne accentuano la fine bellezza. Il frutto andrà a contenere amabilmente le capsule ove si troveranno i preziosi semi, nati dall’estasiante percorso d’unione nell’amore fra elementi terrestri.
Numerose e varie, le proprietà curative, in esclusivo ambito omeopatico, dei semi di nigella, riguardano la funzionalità epatica, che ne sarebbe stimolata, la protezione del sistema cardiocircolatorio, la diminuzione dei livelli glicemici oltre che essere un importante alleato nel contrasto all’obesità e nel mantenimento dello stato di salute di pelle e capelli. Moltitudine di principi attivi che, nell’olio ricavato dai semi, raggiunge la sua massima concentrazione, utilizzato pertanto, soprattutto in America, come integratore dietetico o come valido cosmetico naturale, considerate le sue proprietà antibatteriche ed antiossidanti dovute alla presenza del Timochinone, composto fitochimico ad apporto inoltre analgesico, antinfiammatorio, antidiabetico, immunostimolante e vasodilatatore oltre che, in ambito prettamente più estetico, emolliente, nutritivo e lenitivo.
Unica raccomandazione è l’uso assolutamente sconsigliato in gravidanza, per effetto di conseguente contrazione sulle pareti uterine.
Sapore intenso e retrogusto fruttato, leggermente amarognolo, con ritorni vaghi di cipolla e noce, conferiscono ai semi di nigella ampia possibilità d’uso in ambito culinario, ottimi come condimento per insalate così come insaporitori naturali di zuppe, primi o secondi piatti, a base di carni bianche o di pesce, ai quali si voglia dare tocco pepato e particolare. Nella panificazione, i semi di nigella sono d’uso abbastanza comune, talvolta utilizzati interi o leggermente tritati come quelli di sesamo, per conferire croccantezza ai prodotti da forno.
Curiosità
Durante il medioevo, l’aver con sé dei semi di cumino durante la cerimonia nuziale era considerato di buon auspicio, ritenendo all’epoca che gli stessi semi avessero il potere di trattenere a sé il proprio amato, prevenendone eventuali fughe, stesso motivo per cui, in una zona del Piemonte, si narra le nonne donassero alle nipoti delle pagnotte cosparse di cumino, per proteggerle dall’abbandono del coniuge; con il medesimo auspicio, era abitudine delle giovani piemontesi preparare le stesse pagnotte e del vino per i fidanzati in partenza per lunghi viaggi. Nel linguaggio dei fiori, la nigella sativa simboleggia la perplessità, l’imbarazzo e la delicatezza.
Semi di Finocchio
Un agricoltore, il cui grano vinceva sempre il primo premio alla fiera regionale, aveva l’abitudine di dividere i semi migliori con tutti i contadini del vicinato.
Quando gli chiesero perché, egli rispose: «Il vento solleva il polline e lo trasporta da un campo all’altro, perciò se i miei vicini coltivassero un grano di qualità inferiore, l’impollinazione crociata impoverirebbe la qualità del mio raccolto. Ecco perché ci tengo che essi piantino solo i semi migliori. Tutto ciò che diamo agli altri lo diamo a noi stessi.»
Anthony De Mello, La preghiera della rana
Storia, caratteristiche e proprietà
Pianta erbacea a crescita spontanea in numerose zone europee dal clima temperato ed appartenente alla famiglia delle Apiacee, ovvero dicotiledoni, e cioè con fiore il cui seme contiene, per l’appunto, un embrione con due cotiledoni (foglie embrionali carnose), il finocchio ha origini antiche e coltivazione risalente al 1500 circa. Lo stesso Carlo Magno, accennandone la presenza negli orti dell’impero, ne vantava le portentose proprietà, nel mondo antico prettamente riferibili a fortuna, fecondità e forza, qualità, quest’ultima, per cui il nome stesso della pianta venne ricollegato alla battaglia storica per antonomasia, quella di Maratona, 409 a.C., nella quale ateniesi e persiani si affrontarono sullo stesso terreno in cui il finocchio cresceva spontaneo. Si narra dunque che allo stesso sia stato affibbiato l’epiteto “Marathon” che, in greco, significa “piana dei finocchi”, ove lo scontro vide la superiorità tattica ellenica prevalere sulla persiana, nonostante l’incredibile inferiorità numerica dei guerrieri greci.
Diffuso in tutta l’Europa, esaltato nei differenti aspetti dai Romani, protagonista di racconti mitologici in terra d’Olimpo, terapia medica in civiltà assiro-babilonesi, citato in estrema considerazione nei papiri egizi ed utilizzato nella medicina ippocratica, la pianta dalle fogli sottili come il fieno ha gloriosamente cavalcato secoli e territori fini ai nostri giorni, portando con sé l’intrinseca fama di pianta miracolosa dalle innumerevoli virtù.
Nei semi (che in realtà, come nel caso del girasole, sono acheni, ovvero piccoli frutti a guscio duro, ognuno contenente un seme) l’alta concentrazione di vitamine ed oli essenziali, favorisce la digestione e funge in particolare modo da decongestionante del tratto intestinale, con conseguente riduzione del gonfiore (risultato facilmente raggiungibile con periodica assunzione di tisane) ed eliminazione di tossine, importante funzione di conservazione in salute del tratto intestinale che si rivela autoprotettiva e preventiva, a livello naturale, di stadi tumorali. Stesso beneficio di cui andrà a godere il neonato allattato naturalmente da madre che assuma regolarmente questi semi, in aggiunta a virtù antinfiammatorie e di protezione al sistema cardiocircolatorio.
Stimolanti della diuresi, la ricchezza di fibre, oltre a regolare il normale transito gastroenterico, tende a ridurre la percentuale di colesterolo nel sangue; calcio, rame e flavonoidi, aiutano, rispettivamente, nella protezione della perdita di densità ossea, nella produzione di globuli rossi e nel rallentamento dell’invecchiamento cutaneo.
Oltre ad un utilizzo prediletto (sopra citato) sotto forma di tisane, i semi di finocchio, dal sentore d’anice, oltre ad un consumo semplice e crudo, o tostato, risultano, previa tritatura, ottimi insaporitori di salse e focacce. Presenti in alcuni insaccati, come ad esempio la “finocchiona”, tipico salume toscano, accompagnano degnamente carne, pesce, formaggi e uova, tagliandone i sapori basilari con aroma deciso, ma non invadente. Nei grissini, l’aroma tipicamente dolciastro del seme, in associazione al gusto salato, dona un retrogusto molto particolare e gradevole. Insieme alla cannella e, per chi volesse osare, al peperoncino, anche una semplice tazza di cioccolata calda può deliziare il palato ed ammaliare i sensi.
Curiosità
E’ di Gaio Plinio Secondo (Plinio il Vecchio, 23 d.C.-79 d.C.) il racconto di serpenti che si sfregavano contro la pianta di finocchio dopo la muta, si dice per riacquistare la vista, ragion per cui alla stessa pianta vennero riconosciute proprietà curative oculari, accompagnate da un’antica credenza popolare che la considerava antidoto contro il morso dei rettili.
Essendo l’aroma del finocchio di particolare intensità e pertanto dominante sugli altri sapori, vigeva, nelle antiche osterie, l’abitudine di servire spicchi di finocchio o del pane aromatizzato, al fine di nascondere al cliente l’acidità del vino. Un furbesco raggiro che, nel tempo, ha dato origine alla peculiare espressione “farsi infinocchiare”, vale a dire, raggirare inconsapevolmente.
In Inghilterra, l’Amleto shakespeariano ha conferito al finocchio il significato simbolico di lusinga e stoltezza (Ofelia. “Ecco per te il finocchio, e le verbena, e la ruta, ed un poco anche per me: la possiamo chiamare l’erba grazia della domenica; ma la tua ruta devi portarla addosso in altro modo… ” Amleto, Atto 4, Scena 5).
Semi di Lino
Il mezzo può essere paragonato a un seme, il fine a un albero; e tra mezzo e fine vi è esattamente lo stesso inviolabile nesso che c’è tra seme e albero.
Mahatma Gandhi
Storia, caratteristiche e proprietà
Ebbe inizio 11.700 anni fa l’era geologica più recente, ossia l’Olocene, epoca storica attuale e durante la quale, nella Mezzaluna fertile dell’Asia occidentale, furono domesticate le prime colture, pietre miliari dell’agricoltura mediorientale e, successivamente, europea. Le prime otto specie di piante a cui l’uomo mise mano, furono quattro legumi (cece, pisello, lenticchia, vecciola), tre cereali (farro, orzo, piccolo farro) ed il lino, abbondantemente coltivato in Etiopia ed in Egitto ed in seguito diffuso nell’uso a Greci e Romani.
Fibra tessile più antica al mondo, morbida, resistente e pregiata, il cui approdo in Europa avvenne grazie all’abilità navigatoria e mercantile dei Fenici, il filato si ricava dalla macerazione delle fibre del fragile fusto di Linum Usitatissimum, pianta erbacea annuale appartenente alle Linaceae, Angiospermae, con fiori azzurri ermafroditi e actinomorfi (a simmetria raggiata), foglie lanceolate e frutti a capsula contenenti piccoli semi dal bruno al giallo.
Coltivato dunque sia per i semi che per la fibra, il lino trova spazio d’espressione in numerosi settori industriali, dal cartaceo al tessile, dal medico al cosmetico ed in ambito culinario sotto forma di semi, d’olio, di farina.
Le proprietà terapeutiche ne annoverano la capacità antinfiammatoria e lassativa; ai semi, in particolare modo, è riconosciuta attività curativa nei confronti della tosse. L’azione degli Omega-3, 6 e 9 in esso contenuti, regola il livello di zuccheri nel sangue con attività antidiabetica, seppur un eccesso d’uso sembrerebbe contrastare l’effetto dei farmaci a causa dell’alta presenza di fibre.
L’olio ricavato dai semi, oltre ad un uso cosmetico idratante e ricostituente per pelle e capelli, risulta prezioso alleato del cuore in quanto, l’effetto dell’Omega-3 sul colesterolo, stimolando l’espulsione dell’LDL (il cattivo) e favorendo la sintesi dell’HDL (il buono), mantiene lo stato di salute del sistema cardiovascolare. Un cucchiaio d’olio al giorno funge da protettore dell’apparato gastrointestinale, seppur ritenuto troppo invasivo, pertanto sconsigliato, sia in gravidanza che nei bambini, ove gli organi sono ancora in via di sviluppo. L’alto contenuto di minerali dei semi, ne fa un prezioso integratore naturale emolliente, protettivo, antinfiammatorio ed immunostimolante.
La debolezza di sapore non lo rende ingrediente prediletto in ambito culinario, ciò nonostante, se unito, nelle tisane, ad altri ingredienti dal gusto più accentuato, risulta piacevole ed al contempo salutare. I semi mangiati crudi, da soli, in aggiunta ad insalate o yogurt, previa tritatura, offrono valido sostegno alle diete dimagranti; utilizzati nel pane, direttamente sopra o amalgamati all’impasto, conferiscono un retrogusto nocciolato. La farina di semi, spessa, untuosa, di color giallo scuro, ben si presta a preparazioni di prodotti da forno, torte, biscotti o paste fresche per primi piatti, conservando in sé tutte le caratteristiche nutrizionali.
Curiosità
Nel Medioevo, l’olio di lino veniva utilizzato dai pittori, previa cottura, ed unito ai colori per aumentarne la facilità d’utilizzo e renderli più vivaci nelle tonalità.
Nell’antichità, il lino è stato considerato simbolo di luce, vitalità e leggerezza, non a caso una leggenda narra che i raggi del sole fossero intrecciati con i suoi fili delicati; altra leggenda vuole che dal volo dei suoi semi nell’aria, da casual posa su una radice di rafano, sia germogliato il dragoncello, aromatica pianta perenne che in sé avrebbe dunque sposato la piccantezza del rafano alla capacità emolliente dello stesso lino.
Sognare piante di lino è di buon auspicio, in quanto simbolo di soddisfazione e prosperità.
Il mestiere contadino è arte preziosa, ancestrale e dignitosa. Il contatto con la terra è nobiltà lavorativa che non tutte le mani sono degne di possedere, se non quelle che siano in grado di coglierne i segreti reconditi e gli insegnamenti vitali. L’atto della semina ha parvenza umanamente celestiale, empatica, devota. I gesti sono pazienti, meticolosi, senza premura. La stanchezza che ne consegue, i fisici esausti, le posture innaturali, sono il valore aggiunto, la dignità, l’onestà e la potenza dei piccoli gesti quotidiani.
Un seme, una mano, l’unione.
Ciò che ne consegue è semplicemente un miracolo.
Altrettanto portentosa è la mano di coloro che cotanta meraviglia hanno saputo raffigurare.
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