Dieta giapponese: stile di vita per una sana longevità
Regime alimentare dall’approccio olistico e permanente, nonché custode del segreto per una sana longevità, la dieta giapponese oltre ad offrire saporosa praticità, è in grado di recare giovamento in conseguenza ad un’accurata conoscenza e scelta dei cibi.
Mangiare è una necessità.
Mangiare intelligentemente è un’arte.
François de La Rochefoucauld
All’interno di uno stile di vita salubre, nel quale ovviamente entrano in gioco più fattori fra i quali corredo genetico ed attività motoria, l’alimentazione svolge un ruolo di primaria importanza sia dal punto di vista nutritivo che in un’ottica preventiva nei conforti di patologie oncologiche, divenendo l’accurata selezione degli alimenti di cui cibarsi, una benefica azione a lungo termine sullo stato psicofisico individuale.
L’effetto terapeutico degli alimenti è d’altronde ben noto fin dall’antichità, remoto periodo storico nel corso del quale il medico greco, aforista e geografo, Ippocrate di Coo (460 a.C. – 370 a.C. circa), rivoluzionò la concezione della scienza medica slegandola dal suo esclusivo legame in approccio filosofico-teurgico e viceversa rendendola una concreta pratica professionale che gradatamente egli ebbe a sviluppare sulla base delle conoscenze passate, innovandole con sguardo al futuro.
Colui che a posteriori sarebbe stato considerato il “padre della medicina” consacrò il proprio pensiero alla convinzione che all’interno d’ogni uomo fosse innata una “forza vitale” stabilizzante eventuali disequilibri patologici, ossia una specie di molla energetica sulla quale agire in caso di malattia, esulando da miracolosi interventi divini esterni all’individuo, viceversa individuando un salutare atteggiamento esistenziale in perenne riferimento agli esempi della natura ed in stretta connessione dialogica con il malato.
Pioniere di pratica anatomica e patologica, rara perspicacia, mirabile intuizione e immane esperienza lo condussero all’invenzione della cartella clinica, fondamentale annotazione dei sintomi espressi che l’antico medico greco seppe orientare nelle allora sconosciute nozioni di diagnosi e prognosi, facendosi ponte fra l’esistenza condotta dal paziente fin al momento di sviluppare l’evento morboso.
Sull’intrinsecità del malanno in strettissima correlazione ad elementi naturali e sul sapere maturato in ambito sintomatologico, diagnostico e pronostico, Ippocrate maturò personale teoria umorale — dettagliatamente esplicata fra le pagine del trattato De Natura Hominis ad opera del suo allievo e genero Polibo — secondo la quale il corpo sarebbe regolato da quattro umori quali sangue, bile gialla, bile nera e flegma, dal cui equilibrato bilanciamento risulterebbe un fisiologico stato di salute; di consequenziale derivazione fu l’ipotesi che l’alimentazione potesse influire in maniera positiva o negativa sullo stesso, in base al tipo di dieta praticata quotidianamente.
Metodo clinico, approccio etico alla professione, conoscenza empirica e globale rifiuto di guarigioni a matrice divina che caratterizzarono la rivoluzione scientifica d’Ippocrate, restano, sebbene ormai lontane decine e decine di secoli, basilari fondamenta sulle quali ebbe a svilupparsi la medicina occidentale, oltre che riferimenti di primitiva ed essenziale importanza a livello universale per quanto riguarda l’influenza del cibo sul corpo umano, rapporto che nella cultura nipponica è assiduamente, fedelmente e storicamente mantenuto attraverso quella che viene definita dieta giapponese.
La salute in una trottola
Globalità d’indicazione che sono raggruppate nella Japanese Food Guide Spinning Top, le linee di guida dietetiche lanciate dal 2000 in avanti e sviluppate in cooperazione di vari ministeri quali quello dell’Istruzione, della Scienza e Cultura, del Welfare, dell’Agricoltura, delle Foreste e della Pesca, nell’intento condiviso di proporre modelli elementari positivi, in seguito revisionati negli anni a seguire in concomitanza di rinnovo alle assunzioni dietetiche di riferimento giapponesi unite al nome di Dietary Reference Intakes for Japanese.
La Japanese Food Guide Spinning Top, volutamente raffigurata in richiamo alle Edo Goma, le tradizionali trottole del Sol Levante, è suddivisa in settori occupati dai vari gruppi alimentari con relativi consigli e illustrazioni a riguardo, dove la frutta, il latte ed i suoi derivati sono all’estremità inferiore, raccomandandone le linee guida un consumo pari ad un paio di porzioni giornaliere; si prosegue consigliando da 3 a 5 consumi di carne, pesce, uova o fagioli di soia, da 5 a 6 la percentuale riferita alle verdure, sia cotte che crude, oppure cucinate in zuppe, infine da 5 a 7 la dose individuata in carboidrati o cereali quali riso, pasta o pane; in ultimo si consiglia come basilare toccasana l’assunzione in abbondanza di acqua o tè, oltre all’ovvia indicazione di ridurre al minimo di bevande zuccherate, i dolci in genere e gli snack, senza mai rinunciare ad una quotidiana pratica d’attività fisica, raffigurata sull’apice, nell’ottica di migliorare il generale stato psicofisico.
Il messaggio che si vuole passare alla popolazione è quello d’abbandonarsi alle delizie del palato, pur facendo attenzione al consumo di pietanze che si bilancino fra loro a livello di nutrienti e quantità, moderando il consumo di grassi e sale, facendo il possibile per adeguare il movimento fisico in base alle calorie assunte, variando i cibi in base alla vasta proposta di prodotti locali, assicurandosi di cucinare ed acquistare in maniera da evitare inutili sprechi ed infine adoperandosi allo scopo di monitorare costantemente la propria dieta per avere un bilancio generale sul proprio piano alimentare, in terra nipponica considerato di valore assoluto in ottica di cura e prevenzione.
Centro nazionale giapponese in termini di salute pubblica è il Japan Public Health Center, dove ci si occupa d’analisi di ricerca effettuate attraverso varie collaborazioni e sostenute da numerosi istituti universitari, medici e ministeriali, al fine d’attivare indagini per «stabilire prove a beneficio del mantenimento e del miglioramento della salute, inclusa la prevenzione del cancro sulla base di studi di coorte universali», in riferimento all’opera del quale, partendo dal presupposto che la cultura alimentare tradizionale giapponese sembrerebbe essere il motivo principale che porta la sua popolazione ad essere fra le più longeve del mondo, con un’aspettativa di vita in continuo accrescimento, a tale proposito venne condotto uno studio prospettico basato sul Japan Public Health Center, pubblicato nel 2016 sul British Medical Journal, dal titolo Qualità della dieta e mortalità tra uomini e donne giapponesi, in omaggio scientifico alle virtù conseguenti al cibarsi secondo le linee guida succitate.
Nell’esperimento, condotto da un gruppo di ricercatori guidati da Kayo Kurotani, l’obiettivo era appunto quello di analizzare, in larga scala, il rapporto fra l’aderire alla Japanese Food Guide Spinning Top e i tassi di mortalità, vennero coinvolti 11 centri sanitari pubblici del paese, 36.624 uomini e 42.970 donne in età compresa fra i 45 e i 75 anni, che non avessero alle spalle patologie oncologiche, cronicità epatiche, eventi emorragici cerebrali o cardio-ischemici.
L’attuazione è stata pianificata intersecando numerose variabili riferite alla composizione nutritiva di ogni singolo alimento analizzata sulla base delle quantità consumate da ogni persona, della quale sono state prese in considerazione le abitudini giornaliere ed ovviamente l’età anagrafica.
In fase di risultato, da ritenere comunque parziale nel considerane la durata d’una quindicina d’anni, percentuali inferiori di mortalità sono state associate a coloro che aderivano alla suddetta guida alimentare, con minor rischio nei confronti di eventi cardio-cerebro-vascolari e diminuzione della probabilità d’insorgenze tumorali, inoltre la sperimentazione effettuata ha permesso di stilare vari sistemi di punteggi dietetici poi utilizzati nella valutazione a priori delle linee guida nazionali da proporre, che risultano essere inversamente proporzionali alla percentuale dei decessi, vale a dire che ad un elevato punteggio di qualità della dieta corrisponde un minor rischio di mortalità.
In Giappone l’interesse nei confronti delle abitudini alimentari dei propri abitanti è di significativa importanza e si ricollega ad un’attenzione rivolta alla salute che negli anni è stata migliorata grazie ad interventi mirati quali una più ampia copertura sanitaria ed uno sviluppo socio-economico culturale in netto aumento, coinvolgendo ogni individuo in un programma che nella sua interezza possa gradualmente pilotare alla consapevolezza degli inconfutabili vantaggi derivanti da un corretto apporto nutritivo e da un regolare movimento fisico, parallelamente a quanto una costante sete d’apprendimento sia da prolifico tornaconto alla mente, nel meraviglioso reticolo fra corpo e spirito che il “microcosmo umano”, così com’era solito definirlo Ippocrate, dà dimostrazione d’essere.
Il cibo che mangi può essere o la più sana e potente forma di medicina o la più lenta forma di veleno.
Ann Wigmore
La dieta giapponese
Oltre all’indubbio risvolto favorevole del ridurre al minimo l’uso di sale e grassi, la dieta giapponese indirizza la nutrizione in maniera direttamente proporzionale alle proprietà di ogni alimento, quindi imprescindibilmente assoggettandone la quantità d’assunzione alla qualità:
• latte e derivati, sono preziose fonti di vitamine, minerali e proteine ad alto valore biologico, vengono limitati in virtù del fatto che un’assunzione eccessiva potrebbe agire negativamente sui valori del colesterolo;
• egual discorso è sottinteso per la frutta qualora un consumo smodato, nonostante il suo elevato potere saziante, la bassa densità calorica, l’azione digestiva, mineralizzante e vitaminizzante, possa risultare deleterio accumulo di glucosio;
• la carne, sebbene con le dovute differenze imputabili all’animale di provenienza, dona all’organismo ferro in contenuto maggiore rispetto a quello originario dei vegetali e proteine ad alto valore biologico, in quanto molto simili alle umane, pertanto facilmente assimilabili e metabolizzabili, a patto che se ne cibi in maniera adeguata, essendo da tempo risaputo quanto un eccederne potrebbe aumentare la possibilità di sviluppare patologie oncologiche;
• considerevole apporto proteico giunge anche dalle uova, sano alimento ricco di sali minerali, tra cui fosforo, ferro e zinco, nonché di vitamine, in special modo la A e la E, con decisa funzione antiossidante, la D, fondamentale alla fissazione del calcio nelle ossa e la B, che interviene nei processi di trasmissione nervosa ma, detto questo, da disciplinare nell’assunzione per evitare episodi di colesterolemia e calcolosi biliare;
• i fagioli di soia riuniscono le innumerevoli proprietà dell’orientale ed antichissima leguminosa, spaziando dalla protezione dell’attività intestinale, data la ricca presenza di fibre, all’abbassamento del colesterolo, fino alla prevenzione dell’osteoporosi. La soia è ricca di isoflavoni che sembrerebbero alleviare i disturbi della menopausa, sovvenendo all’interrotta produzione di estrogeni, oltretutto favorendo il controllo glicemico e fungendo da antinfiammatori naturali, tuttavia agendo negativamente in caso d’ipertiroidismo, interferendo gli stessi falvonoidi sia nel metabolismo dello iodio quanto nella sintesi degli ormoni tiroidei. L’assunzione sotto forma di fagioli, ad alta sazietà, fornisce cospicuo apporto di carboidrati e proteine, nonostante l’abusarne possa favorire l’insorgere di fastidiosa costipazione;
– il pesce: al di là delle note proprietà allo stesso appartenenti, fra cui la massiccia presenza di proteine e grassi insaturi ad alta concentrazione di omega 3 protettivi sull’apparato visivo, cerebrale, cardio-circolatorio e preventivi d’alcuni tipi d’artrite, l’approccio del Giappone a questo benedetto figlio del mare è un’arte, ancor prima d’essere una pratica culinaria. Estremamente giovevole all’intero organismo, se regolato nelle opportune qualità, esso risulta essere ottima alternativa alla carne, alla quale preferirlo in regimi dietetici particolari o semplicemente per personale gradimento, in ogni caso sapendolo alleato della salute sotto tutti i punti di vista;
– le verdure occupano, a ragione, una delle posizioni più alte della “trottola” orientale, sacrosante apportatrici di molteplici principi nutritivi derivanti dalla presenza di fibre, carboidrati semplici, vitamine, sali minerali e sostanze minori nel complesso concorrenti al mantenimento d’uno stato di salute ottimale nella loro funzione reidratante, energetica, purificante, modulante sull’assorbimento, remineralizzante, nutriente, regolatrice, antiossidante e quant’altro meritatamente le spetti per essere un alimento naturale di spicco e privo di controindicazioni, salvo casi d’allergia ad una delle stesse. Il consumo in forma cruda ne conserva maggiormente le caratteristiche nutrizionali, tuttavia rimanendo meno digeribile rispetto a quella cotta.
– pole position, quasi a pari merito con i preziosi vegetali, spetta infine ai carboidrati, che sebbene si suddividano in pane, pasta e riso, è a quest’ultimo che i giapponesi sono tradizionalmente e storicamente dediti in completo abbandono gustativo al cereale probabilmente più antico del mondo, magia di chicco ad alta digeribilità, regolatore della flora intestinale per la ricchezza di fibre, disintossicante e ricco di lisina, l’amminoacido stimolante la produzione di anticorpi, enzimi, ormoni e ancora fissativo del calcio nelle ossa e cereale, fra tutti i suoi simili, con il più basso potenziale allergenico. Previa cottura supera la pasta nel suo portiere saziante, allo stesso tempo mantenendo un apporto calorico inferiore, motivo per il quale si ritiene che un suo regolare consumo possa prevenire stati di sovrappeso;
– a sovrastar l’intero cono alimentare l’acqua o il tanto amato tè, bevanda innata all’animo della nazione e straordinario elisir diversamente profumato dalla moltitudine di tipologie presenti, che per i giapponesi è miracolosa panacea di corpo e spirito, alla quale dedicare casalinghi momenti o cerimonie in cui socialità e ritualità si miscelano a delicato aroma e gusto sopraffino.
La dieta giapponese si pone in capo alla salute parallelamente a quella mediterranea, di millenarie origini e con piramide invertita rispetto al cono, i cui punti cardine, alcuni dei quali collimanti ai nipponici, tracciano una linea ben definita alla quale riferire un alimentazione che si desideri sana, perciò riducendo drasticamente i grassi saturi, i dolci e il generale apporto di calorie, preferendo le proteine vegetali alle animali, così come i carboidrati complessi a quelli semplici e la carne bianca alla rossa, assicurandosi un discreto contributo di fibre alimentari ed un ampio consumo di pesce e legumi, in linea di massima prestando particolare attenzione a tutti gli alimenti che si prestino a combattere o prevenire alti livelli di colesterolo nel sangue.
Tracciando un confronto che riprenda il concetto di longevità, va precisato che entrambe le linee dietetiche s’adoperano nel sollecitare il consumo di cibi che possano scongiurare malattie cardiovascolari, oncologiche e diabetiche, e allora poco importa che questo avvenga strizzando l’occhio alla parte orientale oppure occidentale della questione, perché in ambedue le proposte vengono suggeriti alimenti che, seppur differenti tra loro in quantità e suddivisione giornaliera, condividono un intento nella speranza che gli stessi divengano la necessità alla quale attingere senza abusarne e dosandone al proprio copro sulla base di avvedute conoscenze a riguardo.
Accento andrebbe invece posto sulla regolarità e sulla durata di un sano stile di vita, considerando la vivanda dal suo punto di vista nutritivo e non dalla sua provenienza geografica, assicurandosi piuttosto di farsene dono con coerente perseveranza in modo da trarne beneficio sul lungo termine, specialmente divenendo accorti osservatori non solamente di pietanze, bensì dei condimenti in loro accompagnamento, dove potrebbe accadere che il contenuto in sodio o in lipidi degli stessi vada a vanificare gli iniziali propositi ed è questo un facile tranello in cui cadere, se si pensa ad esempio che il sale facilmente si maschera all’interno tanto della salsa di soia quanto di taluni formaggi o insaccati, facilmente ingannando la buona fede di chi pensi di non assumerne se non utilizzato nella sua forma pura in granelli.
Ecco dunque che il cucinare ed il mangiare divengono minuscoli calcoli e scienze d’apprendimento di prima importanza nel comprendere come appagare il proprio appetito pur salvaguardando lo stato di salute, a maggior ragione in caso di patologie croniche, dove la scelta dell’alimento andrebbe ulteriormente selezionata anche all’interno di una dieta fedele alle linee guida, un esempio su tutti colui che, affetto da diabete dovrebbe prediligere il riso integrale a quello bianco, poiché d’inferiore indice glicemico, viceversa il medesimo alimento si presta indifferentemente ad esser consumato da persone celiache, in quanto totalmente privo di glutine.
Discorso a parte merita la sicurezza del prodotto, soprattutto quando ci si espone ai rischi che il consumo di pesce crudo, indipendentemente se di cucina etnica o locale, se non trattato secondo tutte le procedure previste può scatenare una volta ingerito.
Naturalità, sicurezza e sapere sembrerebbero dunque essere le tre variabili trasversali all’intero pianeta per potersi accomodare ad un tavolo, su un cuscino o ovunque prevedano le usanze del posto, per trascorrere il proprio tempo nell’unire a palato piacevolezza di sapori, maestria culinaria e lontanissime conoscenze sull’eco de tempo, facendo del cibo una primaria sussistenza, un salutare compagno ed un saggio insegnante.
Fa che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo.
Ippocrate da Coo
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