Curcuma: proprietà, usi e virtù di una pianta straordinaria
La curcuma, originaria dell’Asia sud-orientale, è una pianta erbacea perenne appartenente all’ampia famiglia delle Zingiberaceae, insieme a sua volta compreso nella sottodivisione delle Angiospermae, ovvero il gruppo di vegetali più vasto ed eterogeneo del pianeta. Com’è noto, dalla lavorazione delle radici di curcuma, è ricavata l’omonima spezia dal tipico colore giallo intenso e nella tradizione indiana, è utilizzata da più di 5 mila anni, sia a scopi alimentari che officinali, possedendo eccellenti valori nutrizionali e svariate proprietà, in grado di apportare numerosi benefici all’organismo, in aggiunta ad un impiego nella cosmesi che la rende prezioso alleato nella cura estetica della persona.
Scrivendo nel suo Milione, lo stesso Marco Polo, entrando nella città di Fugiu, nel regno di Conca, ne parlò testimoniando quanto per la popolazione fosse preziosa: «Vi nasce il zenzero e il galangà in gran copia, ed altre sorti di spezie, e per una moneta, che vaglia un grosso d’argento veneziano s’averà ottanta libbre di zenzero fresco, tanto ve n’è abbondanza. Vi nasce un’erba, che produce un frutto, che fa l’effetto ed opera come se fosse vero zafferano, così nell’odore, come nel colore, e nondimeno non è zafferano, ed è molto stimata ed adoperata da tutti gli abitanti ne’ loro cibi, e per questo è molto cara».
Benefici e usi dalla curcuma
La dorata spezia presenta innumerevoli proprietà per lo più dovute al suo alto contenuto di antiossidanti, particolarmente efficaci sui radicali liberi, le molecole particolarmente reattive la cui caratteristica chimica accelera il decadimento cellulare, con derivato malessere psico fisico; la curcuma sembrerebbe appunto agire su di essi, innescando un processo di trasformazione in sostanze che risultano, al contrario, innocue.
Oltre a rallentare l’invecchiamento delle cellule, favorendo perciò l’elasticità dei tessuti, quindi anche della pelle, la salute delle unghie sane e buone condizioni mentali, la curcuma parrebbe possedere una naturale azione antitumorale, ovviamente accessoria, mai sostitutiva ai trattamenti farmacologici necessari a debellare patologie neoplastiche; il contenuto di questa pianta fingerebbe infatti come prevenzione sull’insorgere del tumore al colon, ai polmoni, al fegato, alla prostrata, alla pelle, al seno e ai reni, rivelandosi prodigiosa alleata di benessere per la prevenzione della leucemia. Ulteriore giovamento all’epidermide è dovuto al suo effetto cicatrizzante, ottimo nel processo di guarigione delle scottature (mescolandola con gelatina fresca di aloe vera, da spalmare in loco per qualche giorno), ferite o dermatiti, così come nel trattamento delle punture dell’insetto. La funzione neuroprotettiva che sembrerebbe appartenere al suo giallognolo pigmento, sta inoltre alla base dell’ipotesi che la stessa possa prevenire l’Alzheimer ed il Parkinson, attraverso la stimolata produzione di proteine che prevengono tali sindromi, peraltro a bassa incidenza nei paesi dove della spezia in questione si fa largo consumo.
Essendo utilizzata da secoli nella medicina indiana, la curcuma presenta ulteriori proprietà farmacologiche ad effetto curativo sulle malattie coleretiche, causa di lancinanti coliche all’interno dello stomaco; toccasana, a tal proposito, lo smaltimento dei grassi su cui la stessa influisce, migliorando il funzionamento gastrico ed intestinale, nonché riducendo allo stesso tempo i valori del colesterolo, oltre all’azione digestiva dell’erba, con riduzione degli episodi di flatulenza, meteorismo e dispepsia.
Il suo effetto antisettico, o antinfiammatorio, ne prevede la somministrazione in coloro che soffrono di mal di gola, mal di denti ed infiammazioni come febbre, raffreddore o stati influenzali, e l’utilizzo, come rimedio naturale, per il dolore alla schiena o alle articolazioni.
La Curcuma longa, la varietà più utile, denominata anche zafferano delle Indie, proprio per la sfumatura ambrata che assume durante la preparazione, presenta delle foglie molto lunghe e dalla forma ovale, le quali accolgono dei fiori particolari in spighe dai quali, previa bollitura e successiva essiccatura, è possibile ottenere quest’oro in polvere dalle innumerevoli proprietà.
In ambito culinario, numerose e varie sono le ricette da sperimentare e gustare; la curcuma difatti risulta essere un ottimo condimento per il pesce, la carne (pollame in particolare), oppure insalate, ma è anche ideale per insaporire riso e salse, oltre ad esser un eccellente aromatizzante per le marinature. Le radici polverizzate sono l’ingrediente base del curry, insieme a coriandolo, zenzero, fieno greco, cumino, alloro, finocchio, aglio, peperoncino, cardamomo e chiodi di garofano.
Di corposo e deciso potere tingente, non di rado viene altrettanto impiegata come colorante completamente naturale, al fine di offrire sfumature giallo-ambrate ad impasti di pane o pasta fresca, in utilizzo dunque del tutto similare a quello dello zafferano.
Al di fuori della cucina, la curcuma è protagonista nel settore cosmetico. Il suo potere colorante permette d’integrarla alle comuni tinture per capelli, per ravvivare il biondo, potenziarne la luminosità, un tricologico metodo utilizzato ancor oggi dalle giovani spose indiane ed anche come trucco augurante prosperità nel giorno del matrimonio. Caratteristica antiossidante succitata, la rende ottimo componente per la creazione di creme per il viso e prodigioso trattamento per la pelle. Casalinga preparazione della crema, necessita di uno yogurt e un piccolo quantitativo di polvere, creando così una miscela in grado di ringiovanire l’aspetto cutaneo, rendendo la pelle più radiosa ed attenuando l’effetto del tempo, le rughe dove risiedono i ricordi di sorrisi e vicissitudini della vita.
Infine, la curcuma abbinata a un uovo può essere utilizzata come tempera naturale per dipingere su carta, tela o cartoncino.
Svariati impieghi, rendono la pianta una fidata compagna di benessere e naturalezza, nonché un’occasione di beneficio tratta dalla natura in assoluto rispetto dell’ambiente. Sacri principi che l’Ayurveda, l’alternativa medicina di origini indiane, racchiude nel significato del suo nome, ossia Scienza della vita, in assoluto riguardo al pianeta ed alle ricchezze che lo stesso concede copiosamente in dono.
Curcuma: il fascino e la coltivazione
La concentrazione che, nell’immediato, ricade sulle sue proprietà terapeutiche della curcuma, ha ingratamente spostato la lente dagli aspetti che ne contraddistinguono la meravigliosa visione dai fiori concessa agli occhi, delicatezza di petali che commuove nel porsi, splendidamente decorativi per abitazioni e cerimonie, oltre che di facile gestione nella coltivazione domestica. Tonalità che spaziano, a seconda delle varianti, dal bianco al rosa, fino ad un acceso fucsia, in un’esplosione di colori che infonde entusiasmo ed allegria al semplice sguardo, oltre ad un emotivo trasporto nell’accudimento da dedicarle, in quanto, prediligendo temperature elevate, l’inverno impone di proteggerla dalla rigidità tipica della stagione, per evitare appunto che l’eventuale sofferenza climatica le impedisca di fiorire.
Quasi fosse un rapporto fra uomo e vegetale che diviene relazione tra esseri viventi figli della stessa terra, qualora lo si voglia concepire nel significato universale che lega, a prescindere, sul filo dell’esistenza.
Se la specie prediletta a fini officinali e culinari, oltre che ad essere la più diffusa, è la curcuma longa, spetta alla Curcuma Alismatifolia il privilegio d’esser l’ornamentale per antonomasia, sia per le caratteristiche fisiche che per la maggiore adattabilità alle temperature. Le sue lucide e verdi foglie accolgono, nel periodo estivo, splendide infiorescenze le cui brattee (le foglie modificate che accompagnano i fiori) indossano nuances tra il rosa ed il porpora, talvolta bianche, medesime tonalità purpuree che si ritrovano anche nella Curcuma Elata, con ambrato colore dei fiori, ma raramente coltivata, rispetto alla varietà longa, in quanto di minore compatibilità climatica. Diffusa in aree prevalentemente tropicali è invece la Curcuma Petiolata, sulle le cui foglie si adagiano peculiari venature, mentre la Curcuma Roscoeana, detta “gioiello di Burma”, a diffusione planetaria, viene coltivata come pianta da vaso, i cui fiori recisi adornano i mazzi con carattere e colori che spaziano dal giallo, all’arancio, fino al rosso intenso.
Solo alcune, le succitate, fra le tipologie che rendono questa pianta una creatura vivente d’una bellezza e ciclicità che, ad osservarne l’autunnale riposo vegetativo ed il primaverile risveglio, ci si rende conto di come gli stessi siano insegnamenti primi sulle riflessioni della vita nel suo genere tutto.
La coltivazione della sensuale Alismatifolia prevede il piantarne i rizomi, preferibilmente in un giardino, in primavera, al fine di goderne della superba fioritura durante l’estate; per il posizionamento in vaso si predilige l’acquisto di piante già cresciute, da rinvasare ogni tre anni circa per concedere più spazio alla crescita delle radici, e da posizionare all’esterno nei periodi di temperature più elevate, rincasandole quando le stesse diminuiscono i propri gradi, tenendo conto che la temperatura ottimale sarebbe compresa fra i 21 ed i 28 gradi, in ogni caso mai sotto i 12. Nonostante la predilezione della curcuma per la luminosità, la stessa teme l’esposizione diretta ai raggi solari, avendo cura di mantenerne, in caso di calura secca, un’idratazione al 60%, da garantire con frequenti ed abbondanti innaffiature nei periodi più caldi, evitando di provocare ristagni d’acqua, deleteri sulle radici, sospendendo invece le annaffiature durante l’inverno. La concimazione, in forma liquida a base di azoto e potassio, va effettuata ogni venti giorni, assicurandosi di iniziarla dopo l’uscita dal “letargo vegetativo”; al bisogno, la somministrazione d’insetticidi ad ampio spettro, ne garantirà la protezione nei confronti di eventuali funghi o altri agenti infestanti.
La curcuma nella filosofia orientale
La curcuma simboleggia la sfera celeste ed il suo fiore riconduce al solare sentimento della gioia.
Profondità di significato la legano da secoli alla spiritualità delle popolazioni indo-asiatiche, in particolar modo all’esistenziale concezione della vita che i monaci buddisti rappresentano nel pensiero, come nel vestiario, spesso tinteggiato con polvere di curcuma e, nel suo arancio intenso, metaforicamente legato alla vitalità solare.
Sfumatura di colore che, nella filosofia orientale, si lega ai Chakra, punti energetici vitali, presenti nel corpo sottile, ovvero la parte emozionale di ognuno, deputati all’assorbimento dell’energia vitale, detta prana, da redistribuire all’esterno e pertanto punti cardine fondamentali al benessere delle funzioni psico-emotive ed organiche della persona che, nell’Induismo, sono principalmente sette (perlomeno quelli basici, ad esclusione dei chakra secondari, o minori), corrispondenti rispettivamente a determinate zone fisiche. Li rappresentano dei fiori di loto visti dall’alto, motivo per cui vengono denominati anche Padma, che significa per l’appunto “loto” ed ogni fiore contiene differenti elementi, quali un mantra al quale è associato, un simbolo dal particolare significato oppure una lettera dell’alfabeto sanscrito sui petali:
I Chakra: mūlādhāracakra, o chakra della radice, nella zona del plesso coccigeo, rappresentato da un loto rosso a quattro petali, con terra all’interno, è associato al mantra Lam ed alla divinità Brahmā e collegato alla fiducia in se stessi ed alla stabilità, con funzione di sopravvivenza;
II Chakra: svādhiṣṭhānacakra, o chakra splenico, nella zona del plesso sacrale, rappresentato da un vermiglio loto a sei petali, all’interno una mezzaluna, è associato al mantra Vam ed alla divinità Vishnu e collegato al fluire, inteso come capacità di adattarsi al cambiamento, con funzione di desiderio e procreazione;
III Chakra: maṇipūracakra, o chakra del plesso solare, nella zona del plesso epigastrico, all’altezza dell’ombelico, rappresentato da un loto giallo a dieci petali, all’interno un ariete ed al centro un triangolo rosso, è associato al mantra Ram ed alla divinità Rudra e collegato alla sicurezza, alla forza interiore, con funzione d’autostima;
IV Chakra: anāhatacakra, o chakra del cuore, nella zona del plesso cardiaco, rappresentato da un loto verde a dodici petali, al centro due triangoli invertiti che formano una stella a sei punte, è associato al mantra Yam ed alla divinità Agni o Ishvara e Chakra centrale, che collega i superiori, più spirituali, agli inferiori, più materiali;
V Chakra: viśuddhacakra, o chakra della gola, nella zona del plesso laringeo, rappresentato da un loto blu con sedici petali, al centro un triangolo con la punta rivolta al basso, è associato al mantra Ham ed alla divinità Shiva, nel suo aspetto eterno Sadashiva e collegato alla funzione della comunicazione;
VI Chakra: ājñācakra, o chakra del terzo occhio, nella zona del plesso cavernoso, fra le sopracciglia, rappresentato da un loto viola a soli due petali, al centro un triangolo con la punta verso il basso, è associato al mantra Aum ed ancora alla divinità Shiva, nel suo aspetto Paramashiva, il supremo, con funzione d’intuizione;
VII Chakra: sahasrāracakra, o chakra della corona, il più alto, nella zona sopra la testa, rappresentato da un loto bianco e viola con mille petali simbolici, rappresentanti l’infinito, ed una luna piena, al centro del fiore, che racchiude un triangolo; non è associato a nessun mantra o divinità, ha funzione di conoscenza e raggiunge il Kundalinî, ovvero l’energia che si trova dormiente ed aggrovigliata, in forma di serpente, nel primo Chakra e che, nella sua ascesa, passa attraverso tutti gli altri, risvegliando la coscienza.
Nei Chakra vi è dunque un delicato equilibrio energetico, con negativo impatto sulla salute qualora inquietudini e turbamenti ne incrinassero il flusso della forza vitale che, secondo l’orientale concezione filosofica a riguardo, manterrebbe in giovevole funzionamento lo stato psico-fisico, quando in armonica sinergia con i gangli nervosi e le ghiandole endocrine agli stessi Chakra associate. Essendo infatti che il mantenimento dei Chakra in apertura permette all’energia di fluire liberamente, con positivo impatto su fisicità ed emozionalità, il blocco degli stessi, causato da tensioni e ed angosce, arresta l’energico fluire con conseguente diminuzione dello stato di benessere.
Tecniche di Meditazione, in particolare lo Yoga, risultano essere le discipline deputate allo stimolo o al mantenimento dell’apertura dei Chakra, pratiche giunte da tempi lontani tramite gli insegnamenti tramandati dai maestri ai discepoli a cavallo dei secoli e trascritti negli antichissimi testi sacri delle scritture indiane, i Veda, oltre che nel remoto testo induista KubjikāMara Tantra; oltre ad evitare un blocco energetico, fine di tali discipline è l’impedire la situazione opposta, ossia un’eccessiva apertura degli stessi Chakra, deleteria in egual maniera.
Un interiore peregrinare attraverso se stessi che, nella concezione d’approccio induista all’esistenza, collega l’uomo e l’universo sul filo della spiritualità, in ricercata armonia che divenga intreccio fra il proprio benessere e l’interagire con il mondo ed i suoi frutti, in estremo riguardo ai doni largiti.
Aspetto di sacralità che, tornando alla curcuma, esplode nel considerarne la polvere come portentoso veicolo di vigore e floridezza che attraversi il corpo, in sereno fluire attraverso lo spirito dello stesso. Così come la curcuma rappresenta il sole, etimologicamente il Chakra riconduce alla “ruota”, al “disco”, al circolare movimento che accompagna l’individuo nel proprio tragitto evolutivo, plasmando l’energia interiore attraverso il graduale risveglio dei vari stadi di coscienza. Con il secondo e terzo Chakra la curcuma condivide le tonalità, l’arancio nel secondo, il giallo nel terzo, stimolando rispettivamente ad una maggiore connessione con il mondo, in propensione a stati di cambiamento, fedeli delle proprie idee, seppur nel rispetto di quelle altrui, in meraviglia d’interazione ed arricchimento, e ad un fiducia in sé che divenga trampolino di lancio verso la comprensione universale, nell’incanto dell’autostima che sappia nutrirsi d’altruismo e saggezza senza farsi sopraffare da tendenze egocentriche o megalomani.
Purezza interiore che, per gli Indu, si concretizza nella quotidianità fra nutrimento e devozione, in stretto collegamento fra umano e divino. Nella sacra triade induista (Trimurti) rappresentata da Vishnu, Brahma e Shiva, riconducibili ad un unico Dio, detto Īśvara o Sabina Brahman, in cui Brahma è il creatore, Vishnu il conservatore e Shiva il dio della distruzione, necessaria alla rinascita, nel quale convivono forze opposte, è Vishnu a rappresentare la divinità di mediazione per eccellenza, colui che spesso viene rappresentato reincarnato in figure umane, ogniqualvolta sia necessario il suo intervento a garantire l’ordine universale. Il colore della sua pelle è spesso ritratto con tonalità azzurro-grigie che rimandano alla sua natura celestiale, mentre le stoffe che lo avvolgono sono tinte delle nuances caratteristiche alla curcuma, in quella decisa saturazione di colore che, ancora una volta, lega la venerata spezia alla dimensione ultraterrena.
A tal proposito, al Brooklyn Museum di New York è stata realizzata la Vishnu: Hinduism’s Blue-Skinned Savior, una mostra con interessante esposizione di sculture, quadri ed oggetti rituali, dedicata alla devozione nei confronti della divinità. Cinque rare maschere, scolpite in legno, riferibili all’arte devozionale indiana del tardo medioevo, due delle quali rievocano lo scontro fra Vishnu nel suo avatar uomo-leone, Narasimha, ed un re meschino, minaccia sull’ordine dell’universo, sono invece state esposte al Metropolitan Museum of Art, fra il 2015 ed il 2016, nella mostra: Incontrando Vishnu. Il Leone Avatar a Indian Teatro Tempio.
Tra sogni, arte e cucina
Sognare la Curcuma, alla quale il numero attribuito dalla Smorfia Napoletana è il 78, significherebbe possedere molta vitalità; sognarne i semi, riporta alla generalizzata interpretazione, indipendentemente da che pianta provengano, che vede negli stessi la vita nel suo schiudersi, in buon auspicio sul sognatore, in particolar modo se gli stessi vengono visualizzati nella mano, una manciata che starebbe a metaforizzare la positiva inclinazione a fasi di cambiamento, ove la coltivazione rappresenti una sorta d’evoluzione personale.
Durante la fase di riposo, la parte inconscia prevale, concedendo a pulsioni e desideri reconditi di venire a galla in ambito onirico e ricollegandosi ad un simbolismo di fondo che dalle vicissitudini della quotidianità potrebbe giungere, offrendo ad ognuno l’occasione di riflettere su alcuni aspetti della propria esistenza, senza che per questo l’ipotizzata relazione sogno-realtà divenga fissazione patologica.
Approcciarsi alla spezia con la dovuta leggerezza, che non sia da intendersi come superficialità, consente di divertirsi fra mura domestiche anche in compagnia dei propri figli. In celere salto d’aggancio sugli Assiri, che la utilizzavano per tingere le vesti, proporre ai bambini di sperimentarsi come piccoli pittori, pennelli e ciotole alla mano, al di fuori dei classici tubetti di colore che si acquistano già pronti, dona alle loro piccole mani la possibilità di manipolare la natura, interagendo con la stessa al di fuori della chimica e concedendosi la giocosità dell’inventare, con benefico risvolto su cuori e sorrisi. Ecco allora che farina, acqua fredda ed olio d’oliva, in passo di mixer con la curcuma, o altre spezie per varietà di sfumature, danzeranno con i pennelli in artigianale consistenza da applicare a fogli di carta che richiederanno maggior tempo d’asciugatura, considerato il fluido e corposo composto. Pittura sensoriale che coinvolge vista, tatto, olfatto e, a suon di risate, perfino l’udito, ad esclusione del gusto, da unire in seconda esperienza provando a cucinare delle allegre pietanze che ai fanciulli sappiano stimolare le papille gustative sul ricordo della pittorica esperienza.
Un primo piatto a base di pesce da provare a proporre, utilizzando della pasta dalle divertenti ed accattivate forme che inviti all’assaggio, prevede il salto in padella, con aglio e prezzemolo, di pesce spada in tranci, tagliato in minuscoli dadi, unito a piccole seppie intere ed a pomodori datterini divisi a metà, per lungo, il tutto sfumato leggermente con del vino bianco e, ad evaporazione raggiunta, con aggiunta d’un goccio di brodo di pesce, un paio di cucchiai di salsa di pomodoro; in seguito, quasi a cottura ultimata, aggiungere un pizzico di curcuma, facendo attenzione a non esagerare con le dosi, affinché per i bambini sia un semplice assaggio, in graduale avvicinamento ai gusti speziati.
Nel periodo natalizio, per chi facesse il presepe, il tranquillo conversare fra posa di muschio e statuine potrebbe divenire occasione di fantasticherie, immaginando, come da taluni già ipotizzato, che l’oro portato dai Re Magi, fra incenso e mirra, fosse polvere di curcuma e magari cimentandosi insieme nella stesura di una fiaba dove la spezia divenga protagonista su fogli di carta, prima, nella calda voce materna, poi, in tenero ed affettuoso racconto da sussurrare nelle serate in dolce attesa di Babbo Natale, dove alle impazienti brame infantili di caramelle e giocattoli, corrisponda il genitoriale desiderio che la solarità di vissuti riempia l’animo dei propri figlioli.
L’interiorità. Un bagaglio che alla nascita vien concesso e che la vita stessa renderà palla al piede o trampolino di lancio. Un’ala o una catena. Sapere a priori cosa sarà non è possibile, ma è concesso il passo, la possibilità di regolarne ed arricchirne l’andatura sul filo degli affetti, tentando di non perdere mai il contatto con se stessi ed il mondo, con le proprie radici e con quelle che Madre Natura ci concede in dono, allietando l’uomo al suo sguardo ad addolcendone l’animo delle carezze che la stessa costantemente sprona a ricevere. Un semplice accorgersene, dopotutto, adagiandosi, in cosciente ed umile aggancio d’ego, nella sua saggezza e bontà sul filo della storia, fra tempo e spazio, popoli ed usanze, spiritualità e palato.
Una vera tradizione non è la testimonianza di un passato concluso, ma una forza viva che anima e informa di sé il presente.
Ígor Stravinskij
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