Alimentazione biologica: tendenza o mezzo per nutrire il mondo?
Divenuto ormai una tendenza, il cibo biologico compare da qualche tempo sulle nostre tavole sempre più spesso ed oltre il 60% dei consumatori italiani lo sceglie perché ritiene che sia più sano e che faccia bene alla salute.
Ma mangiare bio è solo una moda oppure è uno strumento in grado di nutrire il mondo e di sfamarlo adeguatamente? Si tratta di un quesito piuttosto complesso, a cui si può rispondere tenendo conto di alcuni dati fondamentali che riguardano la produzione.
Dubbi e perplessità su alimentazione biologica risolti da uno studio dell’Ispra
Per cominciare, è fuori dubbio che il mercato del cibo biologico sia un business in forte crescita, che attira sempre nuovi consumatori spinti dal desiderio di vivere meglio grazie all’assunzione di prodotti sani, ma sicuramente più costosi, che non sono alla portata di tutte le tasche, anche se oggi in realtà i prezzi sono largamente diminuiti.
Il punto è che la coltivazione biologica, secondo quanto sostengono i fautori dell’agricoltura intensiva, non sia in grado di sfamare il pianeta perché i procedimenti di coltivazione sono molto complessi e le quantità dei prodotti ottenuti siano troppo ridotte. A smentire questa teoria è uno studio dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) che ha effettuato un’analisi attenta sulle modalità di coltivazione biologica, mettendole a confronto con quella convenzionale.
Lo studio ha messo in evidenza che la produzione dei suoli biologici è pari in media all’80% di quelli convenzionali, ma soprattutto ha sottolineato che questa differenza è diversa a seconda del tipo di coltura e dal territorio. L’analisi dell’Ispra è stata pubblicata in occasione della giornata mondiale della Biodiversità e ha portato a galla il problema dei territori sottoposti a forme intensive di agricoltura.
La coltivazione biologica mantiene i terreni più fertili a lungo termine
Infatti, se da un lato l’Expo di Milano ha incentrato l’evento mondiale su come nutrire il pianeta, invitando gli esperti a trovare soluzioni sulla sostenibilità alimentare, l’Ispra osserva come l’agricoltura intensiva sfrutti i terreni rendendoli meno fertili e riducendo la capacità di produzione in maniera significativa rispetto alle coltivazioni biologiche.
Quindi, se la produzione minore del bio può costituire un problema nel breve periodo, la situazione cambia radicalmente nel lungo termine, in quanto i territori organici sfruttano la naturale fertilità del suolo favorendola con interventi limitati e senza l’utilizzo di prodotti chimici. In questo modo i terreni mantengono inalterate nel tempo le caratteristiche naturali e favoriscono la produttività garantendo a lungo termine la sicurezza alimentare.
Urgenza della trasformazione dei terreni a coltura intensiva in biologica
Lo studio dell’Ispra ha anche fornito dei dati che danno un ampio quadro della situazione: circa il 40% dei terreni adibiti ad agricoltura intensiva entro il 2050 andranno del tutto perduti, quindi, è chiaro a questo punto che bisogna convertirli in coltivazioni biologiche prima che sia troppo tardi.
Poiché l’obiettivo è quello di combattere la fame nel mondo, questa trasformazione dovrebbe essere messa in atto già da adesso, così da evitare squilibri e conseguenze dannose per le popolazioni mondiali.
Dai dati forniti dall’Istituto di Ricerca sull’Agricoltura Biologica (FIBL) e dalla Federazione Internazionale per l’Agricoltura biologica (IFOAM) è stato attestato che in effetti qualcosa si va muovendo e già da alcuni anni è aumentata la percentuale dei terreni che sono stati convertiti in coltivazioni bio, ma la situazione è ancora lontana da quella che in realtà dovrebbe essere. Infatti, i terreni con coltivazioni biologiche sono appena il 2,4% della superficie agricola totale, ben poco per poter raggiungere gli obiettivi prefissati. Se quindi si riuscisse a convertire la maggior parte dei terreni l’alimentazione biologica potrebbe essere davvero uno strumento efficace per nutrire il mondo in modo sano, rispettando l’ambiente.
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